sabato 9 febbraio 2008

Lavoro precario

Nell’attuale fase di sviluppo delle società industrializzate lavoro e precarietà vengono associati sempre più di frequente. Nel corso degli ultimi 25 anni sono lievitati in maniera significativa la durata e la profondità delle crisi economiche, l’instabilità del lavoro, l’insicurezza dei lavoratori, la frustrazione associata alla perdita di STATUS. Si determina una similitudine perversa tra sconfitta sul mercato e perdita della stima di sé; l’aumento del senso di colpa va di pari passo con la perdita dell’autonomia, della dignità, del valore del lavoro.

Ancora nel 2004 un rapporto dell’International Labour Organization (ILO) ha evidenziato come il lavoro non può essere valutato soltanto sulla base del tasso di occupazione, del livello di reddito, della flessibilità. Gli indicatori qualitativi come per l’appunto la stabilità e la sicurezza dell’impiego, i diritti e le tutele normative, scrivono gli autori, sono indispensabili per definire in maniera più compiuta il livello di benessere dei lavoratori dato che esso non dipende solo dalla possibilità di poter disporre di un reddito dignitoso ma anche, soprattutto, dal livello di sicurezza e di protezione associato al reddito.

Nel suddetto rapporto vengono individuati sette indicatori che determinano l’indice di sicurezza economica (Economic Security Index - ESI): l’occupabilità, il lavoro regolare e non soggetto a licenziamenti arbitrari, la salvaguardia della salute e la tutela in campo infortunistico, la crescita professionale, l’acquisizione di nuove competenze e conoscenze, la protezione del potere d’acquisto dei salari, la presenza di soggetti forti di rappresentanza.

I 90 paesi analizzati sono stati invece suddivisi in quattro classi: quelli d’avanguardia, perché caratterizzati da buone politiche, buone istituzioni e buoni risultati; quelli pragmatici, perché presentano buoni risultati nonostante politiche e istituzioni non particolarmente attive; quelli convenzionali, nei quali a buone politiche e istituzioni non corrispondono buoni risultati; quelli dove c’è molto da fare, perché a scarsi risultati si associano politiche e istituzioni deboli.

I risultati?
I «quasi poveri» sono decisamente in aumento, così come la precarietà del lavoro e il livello di stress dei lavoratori. Il tasso di scolarità e formazione si traduce in una diminuzione del tasso di benessere, fino a provocare quella che la ricerca ILO definisce «effetto di frustrazione legata allo STATUS», in tutti i casi nei quali le persone svolgono mansioni inferiori al livello delle loro capacità e qualifiche.

Detto in altri termini, è molto diffusa l’insoddisfazione conseguente all’asimmetria esistente tra il lavoro che concretamente si fa e i bisogni e le aspirazioni, in particolare tra i lavoratori maggiormente scolarizzati.

da Vincenzo Moretti, Dizionario del Pensiero Organizzativo, Ediesse

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