Tutti i processi di modernizzazione sono in realtà processi che spaccano gli orizzonti stabili. Il problema della sociologia moderna è per l’appunto quello di capire come fa una società a stare insieme una volta che vengano meno le legature tradizionali, una volta che vengano meno le assegnazioni di identità stabili.
Una questione importante è "la conversione continua di un mondo non nostro in una realtà condivisa". Questo vale nella scienza, nell'etica, nella politica, nei linguaggi dell'arte, e vale quindi per quanto attiene ai nostri modi di fare teorie su "ciò che vi è", sui nostri modi di fare teorie su "ciò che vale", sui nostri modi di fare e rifare teorie su "chi noi siamo".
Uno dei registri fondamentali delle nostre vite è quello su "che cosa è importante", cioè quello sulle gerarchie di importanza: l'importanza è connessa semplicemente all'esperienza di perdita, reale o virtuale che sia.
Perdi una persona a cui sei stato molto legato, e dopo dici: "Quella persona contava molto per me!". Se uno fa l'esame della propria vita e dice: "Chi ha contato nella mia vita?", cos'è che fa? Sottopone a una variazione rispetto alla stabilità, in cui non ci poniamo grossi problemi se una persona è più o meno importante per noi, la torce e a un certo punto, vedendo chi supera la prova, scopre chi è più importante di chi. Naturalmente nelle nostre vite possiamo variare la metrica. Può darsi che per me a quindici anni, che per me a cinquant'anni o che per me a settant'anni, ci saranno riattribuzioni di peso e di importanza; così come ci sono persone particolarmente coerenti, non sempre è una virtù, che continuano ad avere la stessa metrica per lunghi tratti di vita.
Facciamo teorie quando qualcosa non funziona, quando abbiamo qualche grattacapo (Platone, Aristotele). Che cosa vuol dire che qualcosa non funziona? Non banalmente che vi è incertezza (quella c'è sempre), ma che si altera la partizione tra questa e l’ammontare di certezze di cui disponiamo in diverse arene, in diversi ambiti.
Quando ad esempio è importante saperci chiamare in certi modi e contare su una riserva di riconoscimenti etero e auto stabili in certi modi? Quando c'è minaccia circa l’dentità.
C’è uno spazio in cui la questione non è "che cosa avviene", ma "che cosa per noi vale", lo spazio quindi che noi tracciamo quando non siamo solo interessati a descrivere stati del mondo, ma a commentare stati del mondo.
I valori entrano nel mondo quando noi siamo impegnati a commentarlo.
Parlando di un’auto scassata all’ingresso del museo di Stoccolma, Dalisi ha affermato di avere avuto un’emozione. Ha detto più o meno precisamente "Ho visto un’auto su di una colonna e ciò mi ha dato un’emozione ". Beh, quando dice questo, Dalisi non sta dicendo: "Lì c'è una macchina lunga x, con cilindri y, di colore z, e così via ". Sta commentando l'esservi quell'oggetto nel mondo. Questa è l'esperienza artistica. Un poème dit le monde diceva Baudelaire. Così fa un quadro in forme differenti, e così fa l'oggetto.
Nascendo siamo immersi in un sacco di cose che non abbiamo contribuito a fare, tra le quali innanzitutto il linguaggio.
Noi non scegliamo di nascere, e una volta nati ci troviamo (questo è il tema importantissimo della contingenza) in un mondo che può piacerci o meno, ma non abbiamo contribuito a fare. A questo punto mi sono detto che dovevo lavorare al linguaggio.
Mi sono allora chiesto: "Ma perché pensare che l'idea di una comunicazione fallita sia un male?".
La mia risposta è che è un male perché il fallimento annuncia scomuniche, esclusioni, e quindi solitudini involontarie.
Noi siamo dei tipi maledettamente conservatori, per noi l'incertezza e l'instabilità sono un male, per cui tendiamo a ridurre l'incertezza e a preferire più stabilità piuttosto che meno (tutte cose insomma che generano e corroborano l'identità).
Siamo dei tipi che mirano a ridurre l'incertezza. Ed è razionale e ragionevole per ciascuno di noi ridurre l'incertezza quando essa è minacciosa. (Pensate alla formazione delle agenzie di tutela o di definizione di interessi collettivi, come quelli sindacali o unioniste, alla storia dei movimenti di associazione non politica degli interessi dei salariati in Europa).
da Salvatore Veca, Dell'Incertezza, Feltrinelli
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1 commento:
La discussione (interessantissima) mi ha fatto venire in mente un esempio di incertezza che ho incontrato nella mia vita professionale (sono un poliziotto). Ho pensato al fenomeno delle prostitute uruguayane che ultimamente affollano la via Emilia nella zona periferica di Reggio Emilia. Queste ragazze hanno nomi italianissimi (del tipo Maria Russo o Giovanna Esposito), non parlano italiano e sono figlie o nipoti di quella generazione di italiani che qualche decennio fa emigrarono in sudamerica in cerca di fortuna. Oggi fuggono dalla miseria di un paese che non è il loro, cercando rifugio in un'Italia che non conoscono e che non le vuole più, respingendole con dei provvedimenti di espulsione perchè le considera extracomunitarie clandestine. Per queste persone, il concetto di Patria, identità, appartenenza, significano solo alienazione. E' la risposta della globalizzazione moderna a quelle persone che nella globalizzazione hanno creduto prima che noi cosiddetti paesi civili ci rendessimo conto che esistesse.
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