Lavoro di gruppo sulla relazione di Rossella Selmini
sintesi a cura del Coordinamento Provinciale CGIL Polizia Locale Reggio Emilia
La Legge regionale delle Emilia Romagna 24/2003 ha rappresentato un nuovo "modello" di polizia locale, che, da una parte ha recepito le esperienze e le sperimentazioni che la Polizia Municipale ha sviluppato nell'ambito delle politiche locali di sicurezza urbana promosse dagli enti locali emilano-romagnoli, a partire dalla metà degli anni '90 e, dall’altra ha recepito gli sviluppi normativi che hanno riguardato l'ambito della polizia amministrativa (1) e che hanno visto un progressivo trasferimento di funzioni amministrative da parte dello stato agli Enti territoriali.
La legge regionale promana direttamente dalla legge 3/2001 (Riforma del Titolo V della Costituzione) all'art. 17 che afferma la potestà legislativa esclusiva delle Regioni in materia di Polizia Amministrativa Locale lasciando allo Stato la potestà normativa esclusiva in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza (2) .
Lo stesso titolo della legge "Disciplina della Polizia Amministrativa Locale e promozione di un sistema integrato di sicurezza" esprime la volontà di legare in maniera essenziale il tema della sicurezza urbana con quello della Polizia Locale e di sottolineare la complementarietà e integrazione delle materie ma, contemporaneamente, il fatto che l'intervento di polizia non esaurisce l'intervento nel campo della sicurezza urbana.
L’apporto alle questioni inerenti la sicurezza che la polizia locale può mettere in campo non può, infatti, essere unilaterale o esaustivo di se stesso, non può essere rappresentato in maniera astratta o estemporanea o dettato dall’emergenza politica del momento. Affinché risulti efficace, deve essere legato ad un modello di sicurezza basato sul concetto di prossimità cui concorrono anche agenzie pubbliche e private che, attraverso protocolli, moduli organizzativi, strumenti, approcci innovativi promossi sul territorio, costituiscono un sistema integrato messo in rete.
Sul tema della sicurezza urbana, in particolare, negli ultimi 10 anni la Polizia Municipale ha dovuto adeguare continuamente il proprio intervento parallelamente alla crescita del ruolo dei Sindaci su questo terreno, anche a seguito della elezione diretta del Sindaco e del processo di valorizzazione degli Enti Locali.
In forza della nuova potestà legislativa esclusiva in materia di polizia amministrativa locale la Regione ha avuto la possibilità di conferire alla materia della Polizia Amministrativa Locale le caratterizzazioni più confacenti al contesto politico, sociale, economico e culturale del contesto regionale.
Elemento peculiare di un modello di Polizia è senza dubbio il modello organizzativo. In questo senso la legge regionale pur incentrando l'attività della Polizia Amministrativa Locale in capo ai Comuni interviene a dettare norme per garantire, in maniera uniforme su tutto il territorio Regionale, standard minimi qualitativi e quantitativi del servizio di Polizia Locale.
Si tratta, come si evince da diversi documenti ufficiali della regione Emilia Romagna, di un sistema "a rete" di corpi di Polizia Locale. Un modello quindi di Polizia Locale fortemente incentrato sui territori ma in grado, nel suo complesso, di assolvere in maniera omogenea alle funzioni assegnate.
L'omogeneità viene garantita dalla Regione attraverso l'emanazione di raccomandazioni tecniche in ordine al reclutamento del personale, alla dotazione di mezzi e strumentazioni (3), all' organizzazione delle attività, alle modalità di collaborazione con il volontariato ecc., materie su cui interviene la potestà regolamentare dei Comuni attraverso la redazione dei Regolamenti dei Corpi e dei servizi di Polizia Municipale.
Altro elemento costituivo di un modello di polizia è l'assetto funzionale.
Da una lettura organica della legge 24/2003 si evince chiaramente che il modello di polizia sotteso è quello di una "polizia di servizio", fortemente radicata sul territorio e orientata alla soluzione dei problemi. La legge afferma che i corpi di Polizia Municipale sono costituiti per garantire l'ordinato svolgimento di attività che, anche quando riguardano compiti più "tradizionali" assumono connotazioni innovative in questo nuovo contesto legislativo:
• tutela della mobilità e sicurezza stradale
• tutela del consumatore comprensiva delle funzioni di polizia commerciale con particolare riferimento alle forme di commercio irregolare
• tutela della qualità urbana e rurale
• tutela della vivibilità e sicurezza urbana comprensiva dell'attività di polizia giudiziaria
Nell'economia complessiva della legge questi compiti si configurano, per così dire come “standard minimi" che tutti i corpi di Polizia devono garantire mentre si rinvia all'ambito degli accordi tra Comuni e Autorità Provinciali di Pubblica Sicurezza il completamento delle funzioni.
Si fa riferimento evidentemente all'esperienza dei protocolli e contratti di quartiere che, avendo l'obiettivo di sviluppare politiche locali di sicurezza di carattere integrato e partenariale possono prevedere particolari impegni per la Polizia Municipale o livelli di coordinamento o partecipazione ad attività più strettamente legate all'Ordine Pubblico.
La legge afferma infatti che si tratta di compiti che attengono al controllo integrato del territorio secondo i principi di prossimità e di coinvolgimento dei cittadini, la gestione di fenomeni complessi come la violenza sui minori, la prostituzione, le tossicodipendenze, la gestione di sistemi informativi integrati.
Anche su questo punto la legge valorizza l'esperienza sviluppata da alcuni Comuni nell'ambito dei protocolli/ Contratti di Sicurezza dandole una base legislativa.
In definitiva la legge regionale delinea un modello di polizia locale in grado di impegnarsi in maniera modulare e flessibile, e al di là di funzioni minime, in base alle specificità territoriali.
Significativo è il richiamo al tema dei moduli organizzativi ispirati ai principi di prossimità in quanto evoca un modello di polizia con un ruolo attivo nell'individuazione dei problemi di un territorio e nella definizione di strategie preventive integrate nel senso di una polizia capace di attivare altre risorse, formali e informali, interne ed esterne all'Ente, (altre polizie, cittadini, volontari, altri servizi) con cui lavorare per la soluzione dei problemi.
Oltre a definire la "filosofia" cui deve ispirarsi il lavoro della Polizia Locale la legge individua anche due soggetti, la vigilanza privata e il volontariato (4), come soggetti che possono apportare un valore aggiunto al lavoro di polizia per il presidio del territorio.
E' chiaro che il modello e il ruolo della Polizia Locale non può essere slegato, sui temi della sicurezza urbana, da quello che è il modello delle polizie nazionali a valenza generale e il possibile livello di coordinamento tra Polizia Locale e Polizie Nazionali.
La Polizia (statale e locale) deve quindi, al contempo, fronteggiare la complessità di fenomeni globali e rispondere alle istanze locali di sicurezza dei cittadini che si vivono a livello territoriale l'impatto di tali fenomeni. Da un lato i grandi traffici e i mercati irregolari (droga, prostituzione, immigrazione clandestina ecc.) dall'altro aspetti microsicuritari (piccola delinquenza, degrado sociale e fisico del territorio dovuto alla presenza di questi fenomeni, insicurezza dei cittadini).
Per il sistema delle polizie si tratta quindi di integrare il livello e l'ambito di intervento in modo da poter rispondere ad entrambi i livelli di problematicità.
La Polizia Locale, così come si configura nell'ambito della Legge Regionale, può efficacemente rispondere ad una parte dei bisogni di sicurezza legati al microambiente attraverso l'approccio di prossimità e l'integrazione con altri soggetti di cui si è già detto.
Nella realtà reggiana, gli approcci descritti, hanno investito maggiormente i servizi associati di polizia municipale della provincia, a differenza della città che, a tutt’oggi, sembra essere assolutamente impermeabile a questa trasformazione. In provincia ad esempio, nell’approvazione dei Regolamenti dei Corpi Unici o Associati sono state recepite pienamente tutte le indicazioni previste dalla legge Regionale.
Il percorso per la piena attuazione della legge regionale, è ancora lungo ed il Coordinamento CGIL Polizia Locale sta operando in tal senso collaborando fattivamente con tutti i territori provinciali affinché la dimensione operativa e organizzativa della Polizia Locale sia il più uniforme e omogeneo possibile ed in linea con quanto prescritto dalla Regione.
NOTE
1. Il concetto di Polizia Amministrativa non deve essere interpretato in senso giuridico stretto (polizia del diritto amministrativo) ma in senso generale, inteso cioè come polizia dell’amministrazione, della gestione della quotidianità. Si tratta di funzioni dedicate alla tutela del rispetto ordinamentale per questioni di più pratica consistenza, di più minuziosa individuazione e solitamente di minore drammaticità sociale, ciò nonostante di più immediato contatto.
2. L'Ordine Pubblico è quell'insieme di norme fondamentali dell'ordinamento giuridico riguardante i principi etici e politici la cui osservanza ed attuazione è ritenuta indispensabile per l'esistenza di tale ordinamento (v.L.Paladin, Ordine Pubblico, in N.ssimo Dig., XII). Tale parte del diritto, costituita sia dai principi generali e fondamentali dell'ordinamento che da concrete norme giuridiche, riguarda le norme costituzionali dello Stato, la posizione dei suoi organi supremi, la personalità e la libertà dei cittadini, l'ordinamento del matrimonio e della famiglia, la capacità delle persone fisiche e giuridiche, i rapporti tra le classi sociali. Sotto il profilo dei compiti istituzionali degli addetti alle funzioni di polizia, con la locuzione ordine pubblico s'intende genericamente un complesso di servizi, tecniche, addestramento e così via, inerenti al mantenimento di condizioni di ordine (e pertanto, fondamentalmente di prevenzione e/o repressione di tumulti) in circostanze in cui si prevede un intenso afflusso di persone (tipicamente: manifestazioni politiche o sindacali, partite di calcio, spettacoli pubblici e simili). Cosa diversa rappresenta invece il concetto di Pubblica Sicurezza (P.S.). La pubblica sicurezza riguarda tanto le attività di polizia, volte ad assicurare la "sicurezza" attraverso il rispetto delle norme di legge, quanto quelle attività istituzionali comunque finalizzate a prevenire che la collettività possa patire danni da eventi fortuiti e accidentali, infortuni e disastri naturali, climatici, o di qualunque altro genere, o comunque a prevenirne l'aggravio del danno attraverso l'organizzazione di forme di prevenzione e di soccorso. Nell’ordinamento italiano riveste la qualifica di Ufficiali e Agenti di P.S. la Polizia di Stato, rivestono invece solo la qualifica di Agenti di P.S. i Carabinieri, la Guardia di Finanza, la Polizia Penitenziaria, il Corpo Forestale dello Stato, la Polizia Locale (Municipale e Provinciale). Pubblica Sicurezza e Sicurezza Pubblica sono due concetti diversi, il primo è un concetto giuridico regolato principalmente dal T.U.L.P.S. mentre , il secondo è un concetto di natura sociologica che afferisce al problema generale della sicurezza e della civile ed armoniosa convivenza.
3. Negli articoli seguenti della Proposta di regolamento base per i Corpi Intercomunali di Polizia municipale delle Unioni di Comuni e delle Comunità montane dell’Emilia-Romagna e per i Corpi di Polizia Municipale, (alla cui elaborazione ha fattivamente contribuito anche la CGIL) si evince quali sono e con quale finalità devono essere usate le dotazioni di autotutela. Si ritiene che su questo tema non sia utile assumere posizioni “politiche” ma rimettersi alle norme regionali e nazionali in tal senso. n.d.a.
Art. 53
Strumenti di autotutela
1. Gli appartenenti al Corpo possono essere dotati di strumenti di autotutela che non siano classificati come arma.
2. Per strumenti di autotutela, che hanno scopi e natura esclusivamente difensiva, si intendono, lo spray irritante e il bastone estensibile. Con riferimento a quest'ultimo, il porto dello stesso è disposto dal Comandante per specifici servizi che lo facciano ritenere necessario.
3. L'acquisto e l'assegnazione di detti strumenti deve risultare da apposito registro di carico e scarico sul quale risultino, con riferimento agli spray, le sostituzioni delle parti soggette a consumo o deterioramento.
Art. 54
Formazione ed addestramento all'uso
1. L'assegnazione degli strumenti di autotutela di cui all'art. 53 può avvenire solo ed esclusivamente dopo l'effettuazione di un apposito corso che preveda, oltre all'addestramento all'uso, anche una adeguata formazione relativamente ai presupposti normativi che ne legittimino l'eventuale utilizzo.
2. La formazione e l'addestramento devono avere una durata di almeno 8 ore complessive e devono prevedere, al loro termine, il superamento di una specifica verifica.
3. Il comandante dà atto, nel provvedimento di assegnazione, dell'avvenuta formazione.
Art. 55
Caratteristiche degli strumenti di autotutela
1. Lo spray antiaggressione consiste in un dispositivo, dotato di bomboletta ricaricabile, contendente un prodotto le cui caratteristiche di composizione devono essere le stesse dei prodotti di identica tipologia in libera vendita ed il cui effetto, non lesivo rispetto all'uso su persone o animali, sia garantito da apposita documentazione attestata dal produttore.
Il dispositivo deve essere fornito con la documentazione tecnica, in italiano, che riporti: lìindicazione delle sostanze contenute e del loro quantitativo, le necessarie istruzioni per l'utilizzo, l'indicazione degli interventi da effettuare per far cessare gli effetti irritanti dopo il suo uso, nonché gli eventuali effetti collaterali riscontrabili.
La quantità di sostanza contenuta nella bomboletta deve essere facilmente verificabile da ciascun assegnatario e così dicasi pure per la data di scadenza che deve essere verificabile direttamente ed agevolmente.
2. Il bastone estensibile consiste in un dispositivo, di colore bianco, composto da elementi telescopici che in condizione di non utilizzo rimangono chiusi l'uno all'interno dell'altro. Lo strumento deve essere strutturato in modo che non si verifichino aperture accidentali. Ogni strumento dovrà recare un numero identificativo e l'indicazione dell'ente proprietario.
Il dispositivo, in quanto strumento di autodifesa, non può essere aperto, nel corso dello svolgimento dei servizi, se non in condizioni che ne legittimino un eventuale uso per finalità esclusivamente difensive.
4. Da questa nota si evince quanto sia in realtà strumentale ed inutile, nella nostra regione, tutto il baccano intorno al tema delle c.d. “ronde”. All’art. 8 della L.R. 24/2003 infatti, e successivamente con la direttiva applicativa 279/2005, la Regione ha voluto normare l’utilizzo del volontariato all’interno delle politiche integrate di sicurezza. Nello specifico Al comma 1 dell’art. 8 la L.R. n. 24 indica espressamente le finalità in base alle quali utilizzare forme di volontariato; esse sono volte a realizzare una presenza attiva sul territorio con il fine di promuovere l’educazione alla convivenza e il rispetto della legalità, la mediazione dei conflitti e il dialogo tra le persone, l’integrazione e l’inclusione sociale. Tale attività si configura, inoltre, come un servizio pubblico volontario aggiuntivo e non sostitutivo di quello ordinariamente svolto dalle strutture di Polizia Locale.
Lo spirito della presenza del volontario deve pertanto essere improntato ad una figura amica e rassicurante che, mediante una attenta capacità di ascolto della comunità presso la quale è chiamato ad operare, contribuisce allo sviluppo: delle azioni di prevenzione; delle attività di informazione rivolte ai cittadini; delle attività di educazione e sicurezza stradale;
di una maggiore presenza e visibilità del Comune nello spazio pubblico urbano;
del collegamento fra i cittadini, le polizie locali e gli altri servizi locali;
del senso civico della cittadinanza;
di un maggior rispetto delle regole che le comunità si danno per assicurare a tutti una civile e serena convivenza.
Nello svolgimento di tale attività il volontario acquisisce capacità di osservazione del territorio e di selezione delle informazioni che possono risultare utili per migliorare la qualità delle relazioni e delle attività nello spazio pubblico urbano:
delle azioni di prevenzione; delle attività di informazione rivolte ai cittadini; delle attività di educazione e sicurezza stradale;
di una maggiore presenza e visibilità del Comune nello spazio pubblico urbano;
del collegamento fra i cittadini, le polizie locali e gli altri servizi locali;
del senso civico della cittadinanza;
di un maggior rispetto delle regole che le comunità si danno per assicurare a tutti una civile e serena convivenza.
Nello svolgimento di tale attività il volontario acquisisce capacità di osservazione del territorio e di selezione delle informazioni che possono risultare utili per migliorare la qualità delle relazioni e delle attività nello spazio pubblico urbano.