lunedì 21 aprile 2008

La presenza della 'ndrangheta a Reggio Emilia

Lavoro di gruppo sulle relazioni di Enzo Ciconte e Italo Materia
sintesi a cura di Salvatore Coda


Il quadro della situazione attuale relativo alla presenza ed alla penetrazione all' interno del tessuto economico della 'ndrangheta emerso in occasione del seminario recentemente organizzato, cui hanno preso parte il prof. Enzo Ciconte, ex parlamentare della commissione antimafia ed illustre studioso del fenomeno criminale 'ndranghetista oltre che docente universitario a Roma ed il procuratore della repubblica di Reggio Emilia dr. Italo Materia, deve indurre forte preoccupazione.

Il prof. Ciconte, infatti, ha delineato sotto il profilo storico la genesi del radicamento della 'ndrangheta in Emilia Romagna ed a Reggio Emilia in particolare, favorito dal fatto che nel corso degli anni 70 la magistratura ha fatto ampio uso dell' istituto del “soggiorno obbligato” per quegli elementi appartenenti al mondo criminale che si segnalavano all' attenzione delle forze dell' ordine, sul presupposto, rivelatosi poi storicamente infondato, che l' allontanamento fisico dai luoghi d' origine di costoro garantisse la recisione dei legami criminali che li vedevano attori e protagonisti di fatti criminali; viceversa la dislocazione di costoro verso aree del paese connotate da un tessuto economico e sociale privo, per ragioni intuibili, di quegli anticorpi che derivano dal controllo sociale e da una irrilevante presenza di criminalità autoctona ha fatto sì che i clan di appartenenza dei “soggiornanti obbligati” si radicassero anche in queste aree del paese senza trovare di fronte significative resistenze.

E' quindi intuibile come tali organizzazioni criminali abbiano, da un lato, potuto “accumulare capitale” in forma illecita (attraverso la commissione di delitti classici: sfruttamento della prostituzione, usura, reati predatori) per destinarlo ad investimenti nel traffico degli stupefacenti, connotato da elevatissima redditività per unità di capitale investito e relativo basso “rischio d' impresa”, (le statistiche ufficiali dicono che solo il 10/15% dello stupefacente circolante è intercettato dalle forze dell' ordine) e, dall' altro, investire i ricavi così realizzati in attività produttive nei settori alberghiero, edile, commerciale, dei trasporti proprio in quelle aree del paese in cui originariamente furono prodotti illecitamente i capitali stessi.

Nella realtà reggiana tale processo di penetrazione nel tessuto economico si è dipanata attraverso la lotta intestina tra il clan Dragone e quello dei Grande Aracri, anche per effetto di quelle dinamiche di scomposizione e ricomposizione dei gruppi criminali che caratterizzano la vita interna di tali organizzazioni con cadenza periodica.

Dal canto suo il procuratore della repubblica Italo Materia, pur con i limiti derivanti dal segreto investigativo cui è vincolato, ha delineato il quadro della situazione nella nostra provincia dal punto di vista squisitamente investigativo osservando, con felice metafora, come la criminalità organizzata segua una strategia di tipo pallanuotistico nel senso che i “falli”, e cioè gli omicidi ed i regolamenti di conti tra clan rivali in lotta tra loro per accaparrarsi quote maggiori del mercato illecito, avvengono sotto la superficie dell' acqua, volendo intendere come la necessità per i clan di evitare l' innalzamento della pressione investigativa laddove si svolgono le attività lecite che vi fanno capo, non si verificano commissioni di reati eclatanti che potrebbero destare forte allarme sociale ed attirare l' attenzione delle strutture investigative.

Il dr. Materia ha poi evidenziato come alcuni comparti produttivi siano osservati con particolare attenzione anche in relazione al fenomeno del caporalato e del lavoro nero che costituiscono un ulteriore segnale di preoccupazione ed un indice della presenza sul territorio di tali organizzazioni criminali.

Interessante è stata poi la parte che il dr. Materia ha dedicato alla struttura di contrasto che l' ordinamento appresta, inquadrando il riparto della competenza all' interno della magistratura in materia di indagini sulla criminalità organizzata precisando come essa (ma non solo per tale categoria di delitti) sia attribuita alle sezioni specializzate istituite presso le procure dei capoluoghi dei distretti delle corti d' appello (per la nostra regione a Bologna); sono queste le famosa direzioni distrettuali antimafia (D.D.A.) che si atteggiano, sotto il profilo del coordinamento e della circolazione delle notizie acquisite in sede investigativa, con la direzione nazionale antimafia (D.N.A.) struttura fortemente sostenuta da Giovanni Falcone sulla base del presupposto secondo cui le organizzazioni criminali costituiscono una struttura unica, sia pure articolata in vari segmenti, e rispetto alle quali l' azione di contrasto investigativo deve poter svolgersi in ambito di contesto generale e non di singolo reato.

In conclusione possiamo affermare che la 'ndrangheta, per riconoscimento unanime da parte di tutti coloro che si occupano di tali fenomeni, rappresenta una delle strutture criminali più pericolose perchè è fondata su una struttura familistica nel senso vero e proprio del termine: non siamo qui in presenza di una semplice struttura economico-militare denominata famiglia (come nel caso della mafia o della camorra, pur con i necessari distinguo) bensì di fronte ad un' articolazione su base di consanguineità e parentela vera e propria; ciò spiega anche perchè il fenomeno del cd. “pentitismo” non ha dispiegato tutto il suo potenziale destrutturante nel caso della 'ndrangheta in quanto l' affiliato che vogli a dissociarsi deve superare due barriere psicologiche; la prima rappresentata dal vincolo con l' organizzazione e la seconda rappresentata dal vincolo con il proprio genitore, fratello, figlio.

Del resto tale pericolosità e pervasività si deduce anche dal fatto che le investigazioni hanno fatto scoprire ingentissimi investimenti all' estero (Canada, Sud America) e che hanno dimostrato come ormai la 'ndrangheta sia leader mondiale nel traffico degli stupefacenti avendo stretto legami profondi direttamente con le organizzazioni del Sud America, in particolare colombiane, che si occupano della coltivazione della coca e del suo primo avviamento al mercato sotto forma di materia prima base per la succesiva raffinazione.

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