venerdì 27 giugno 2008

Le ragioni di un percorso

di Giovanni Trisolini

Nel mese di settembre dello scorso anno, la Camera del lavoro ha organizzato un convegno riservato a funzionari e delegati su un tema di dirompente attualità, quello inerente la sicurezza urbana. In quella sede, è subito emerso l'interesse suscitato dall'argomento in tutti i partecipanti e l'importanza di procedere ad una analisi più approfondita delle varie dimensioni in cui si esprime.
La scelta di destinarlo a soli funzionari non è stata casuale, poiché diretta a soddisfare la necessità di avviare una riflessione interna su una tematica così scottante sulla quale la Camera del Lavoro si era poco confrontata in precedenza.

A tal fine, è stato costituito un gruppo di lavoro, composto da funzionari dello SPI, dell'Uff. Immigrazione, della FP, della SLC, del SILP, del coord. CGIL Pol. Loc. e dal sottoscritto, che ha definito un programma di approfondimento sui seguenti argomenti:
➔ Dinamiche socioeconomiche nella sicurezza urbana;
➔ Immigrazione e diritti della persona;
➔ Le politiche di sicurezza urbana:sviluppo modelli e prospettive future;
➔ Infiltrazioni mafiose nel territorio reggiano.

Ha colpito in modo particolare, l'analisi effettuata dal sociologo della Fondazione di Vittorio, Vincenzo Moretti, il quale ha evidenziato come sia in crisi il modello sociale cui eravamo abituati, come siano venuti meno i riferimenti e valori cui ci siamo sempre ispirati (impegno, solidarietà, vita associativa ed altre forme di partecipazione democratica), di come siano venuti meno legami sociali e familiari e la gente, soprattutto le fasce più deboli, sia sempre più sola nell'affrontare le problematiche vissute o percepite poiché la rete di protezione è stata sostituita da un modello sociale cosiddetto liquido, improntato al modello del consumo.
La gente esige la soddisfazione immediata dei bisogni, tutto quello che gli viene proposto dai mass-media può essere suo, andandolo ad acquistare.
Di fronte alla complessità della società moderna ai continui e repentini cambiamenti
alla esigenza di risoluzione dei nuovi problemi, non vi è più la disponibilità a confrontarsi, a riflettere, a mettersi anche nei panni degli altri, a ricercare soluzioni che soddisfino i bisogni di tutti e complessivi della società in cui viviamo.
Questo quadro credo possa offrire una chiave di lettura del consenso alla destra, all'idea ” dell'uomo forte che risolve i problemi in poco tempo”, e di cui anche alcuni amministratori di sinistra pare non essere indenni.
Inoltre, molto stimolante e di specifico interesse per una organizzazione sindacale come la nostra è apparsa l'analisi relativa all'attuale fase di sviluppo delle società industrializzate, nelle quali il lavoro e la precarietà sono sempre più collegati.
Egli ha evidenziato come, negli ultimi 25 anni, la durata e la profondità delle crisi economiche siano lievitate, cose queste, che hanno ripercussioni sull'instabilità del lavoro, sull'insicurezza dei lavoratori, sul livello di frustrazione associata alla perdita di Status. Pertanto, alla sconfitta del mercato sembra corrispondere una perdita della stima di sé, l'aumento del senso di colpa si associa alla perdita dell'autonomia, della dignità e della perdita del valore del lavoro.
Il rapporto dell'International Labour Organizzation del 2004 ha evidenziato che il lavoro non può più essere valutato soltanto sulla base del tasso di occupazione, del livello di reddito e della flessibilità) e che il benessere dei lavoratori è dato , insieme ad un reddito dignitoso, da indicatori qualitativi come:
➔ stabilità;
➔ sicurezza dell'impiego;
➔ diritti e tutele normative.

Nel suddetto rapporto sono indicati sette indicatori che determinano l'indice di sicurezza economica:
➔ l'occupabilità;
➔ il lavoro regolare e non soggetto a licenziamenti arbitrari;
➔ la salvaguardia della salute e la tutela in campo infortunistico;
➔ la crescita professionale;
➔ l'acquisizione di nuove competenze e conoscenze;
➔ la protezione del potere d'acquisto dei salari;
➔ la presenza di soggetti forti di rappresentanza.

Questa è solo una parte della complessa analisi effettuata da Vincenzo Moretti,
e rimando ai documenti allegati, nonchè al blog presente su internet e pensato per gli approfondimenti del gruppo di lavoro della CGIL di RE.
Nella sostanza credo si possa riassumere come la perdita di status generi una sensazione di insicurezza che ha riflessi su tutti gli aspetti della vita di ognuno. Pone perciò l'esigenza di avere una visione molto ampia nel tentativo di leggere i vari ambiti cui è connesso il tema “ sicurezza”, quali quello della promozione di una cultura veramente solidale e rispettosa della diversità, dell'educazione alla legalità, delle politiche per l'accoglienza, della promozione di una cultura che combatta ogni forma di violenza e sopraffazione verso le fasce più deboli ( si pensi alla violenza esercitata sulle donne e i minori che avviene nella stragrande maggioranza dei casi nell'ambito familiare).

Riduttivo, fuorviante e funzionale a certi obiettivi politici appaiono, perciò, le scelte del governo di destra che fanno degli immigrati irregolari l'unico oggetto delle politiche per la sicurezza urbana .
Non si vuole qui disconoscere il problema , ma si vuole ribadire la necessità di comprendere come questo sia collegato ad una esigenza di sviluppo economico delle nostre imprese, al welfare locale, al bisogno di far fronte alla riduzione delle nascite di cui il nostro paese insieme al Giappone detiene il primato .
Non mi soffermerò sull'impianto della BOSSI -FINI ne sulle proposte del nuovo pacchetto sicurezza presentato dal governo. Per una analisi complessiva ed approfondita della tematica rinvio alla sintesi dell'intervento di Alessandra Ballerini, tenuto in occasione dell'iniziativa della Camera del lavoro la scorsa settimana, la quale con passione, ha evidenziato come le scelte proposte in materia di stranieri rendono più difficile l'esercizio dei diritti fondamentali quali la libertà personale, il diritto d'asilo, il diritto all'unità familiare e alla libertà di circolazione e di soggiorno dei cittadini comunitari ed extracomunitari in Italia, privilegiando interventi di repressione dell'immigrazione illegale, riducendo le effettive possibilità di ingresso regolare per motivi di lavoro e le misure di integrazione sociale.

Altro tema che ha attirato l'attenzione dei partecipanti è stato quello delle infiltrazioni mafiose nel tessuto socio-economico reggiano, affrontato da Enzo Ciconte, studioso del fenomeno, e dal procuratore della Repubblica di Reggio Emilia, Dott . Materia.

La rappresentazione del fenomeno ha evidenziato come lo studio e la ricerca della presenza e dell'attività criminale nella realtà regionale abbia un'importanza strategica fondamentale perché permette di riconoscere un tema molto sensibile, solitamente misconosciuto, sottostimato, considerato appannaggio di altre realtà territoriali.

La relazione di Ciconte ha rilevato come, il processo d'infiltrazione mafiosa nella realtà socio-economica reggiana, come in altre realtà del centro-nord d'Italia, sia avvenuto a partire dai primi casi di soggiorno obbligato di alcuni esponenti della criminalità organizzata.
Dallo studio di diversi atti processuali emerge come a Reggio Emilia esponenti della 'ndrangheta calabrese (A. Dragone, 1982), intorno ai quali si strinsero altre persone che vivevano qui da tempo, abbiano trovato lo spazio per intrecciare affari, occupare un territorio, espandersi economicamente, allearsi a parti della criminalità locale, ed affermarsi come organizzazione dominante perché strutturata sul piano organizzativo in modo più efficiente.
Ad essa si è aggiunta, nel tempo, la presenza di criminalità d'origine straniera che, pur compiendo reati che destano un forte allarme sociale (furti, scippi, rapine, prostituzione, droga) non raggiunge la potenza della 'ndrangheta che si conferma, pertanto, l'organizzazione più forte a livello nazionale ed europeo, quella che ha maggiori presenze e filiali nelle città del centro-nord d'Italia.
Droga, estorsione, riciclaggio del denaro sporco in diversi settori della finanza, della compra-vendita immobiliare e commerciale, sono le attività che fanno della 'ndrangheta l'organizzazione criminale dominante nella realtà reggiana, molto radicata in alcuni settori economici, quali l'edilizia e trasporti.
Vittime privilegiate dell'attività illecite sono gli stessi cittadini d'origine calabrese che, pur vivendo e lavorando da anni a Reggio Emilia, riconoscono la potenza di tale organizzazione e possono subire ritorsioni su beni o familiari siti nel luogo d'origine.
La 'ndrangheta reggiana, come quella operante in tutta l'Emilia Romagna, è collegata in un rapporto di subordinazione all'organizzazione madre che ha sede in Calabria, ma si distingue da questa solo per l'assenza di un radicamento nel tessuto socio-politico, radicamento, invece, che appare maggiore nelle città della Lombardia. Le cause di ciò vanno ricercate in questo contesto ambientale, sociale, culturale e storico che, per sua natura, non permette infiltrazioni profonde nel tessuto generale di una società evoluta e orientata verso valori altamente qualificati.

La conoscenza, quindi, del proprio territorio è una condizione essenziale per salvaguardarlo dalle infiltrazioni criminali, per guidare le amministrazioni locali nell'adozione di politiche di prevenzione, miranti a sensibilizzare la consapevolezza dei cittadini, ad assicurare il rispetto della legalità, la coesione sociale ed a creare barriere che ostacolino le organizzazioni ancora attive ed impediscano l'insediamento ed il rafforzamento di altre organizzazioni criminali.

In proposito è importante chiarire che le politiche contro le attività criminali, rivolte a previnire e reprimere comportamenti illeciti, rappresentano solo una parte delle politiche per la sicurezza che riguardano tutti i cittadini la qualità delle loro relazioni e dell'ambiente in cui vivono.
E' importante approfondire il nuovo modello della Polizia locale tracciato dalla L. Regionale della Emilia Romagna n.24 del 2003 e capire come questa possa operare in concerto con le altre forze di Polizia sul territorio pur nel rispetto delle specifiche competenze e funzioni. Oggi si tenta da più parti di snaturare il ruolo delineato dalla Legge non affrontando il problema, lasciando in questo modo ampi spazi di manovra alle forze politiche della destra che ancora una volta tentano di fare presa sull'opinione pubblica e sugli stessi operatori su argomenti a mio modo di vedere secondari (per esempio le dotazioni di manganello o sprai vari al peperoncino) . Come pure importanti appaiono gli strumenti offerti dalla legislazione regionale per assicurare un maggior controllo del territorio e costruire condizioni di buone relazione e convivenza civile nelle città.
A tale proposito la strada intrapresa dal Comune di Reggio Emilia con la firma di patti per la coesione sociale a partire da quello della zona stazione sottoscritto anche da noi, credo sia la strada adeguata anche se sono partiti con un po di ritardo.
Si tratta di strumenti che impegnano tutti e i cui risultati non si può pensare giungano in breve tempo. Credo che il limite dell'iniziativa consista nel non aver fatto progetti su tutti i quartieri ma, di averli limitati alle sole zone con la più alta concentrazione di cittadini stranieri.

I momenti di approfondimento che ho riassunto sono stati per me , come credo per tutti gli altri compagni e compagne che vi hanno preso parte, occasione di conoscenza straordinaria dell'insieme dei fenomeni che sono alla base della discussione in atto sulla sicurezza urbana. La complessità della società in cui viviamo ha urgente bisogno di essere conosciuta in maniera scientifica perchè si possa uscire dal disorientamento ed esprimere posizioni competenti. Credo che sia stata una occasione formativa per una parte di funzionari e che questi momenti debbano allargarsi e proseguire in futuro.
In proposito ritengo che debba essere favorito il coinvolgimento dei nostri compagni dell'Ufficio Immigrazione che per i conosciuti carichi di lavoro non hanno potuto partecipare a tutte le iniziative. A me come immagino agli altri colleghi presenti in quelle occasioni è mancato il confronto con loro, che non è solo quello politico sindacale, penso anche a quello più di relazione umana, che mi auguro di recuperare in futuro. Credo che la materia debba essere dibattuta non solo tra di noi e che debba diventare oggetto di riflessione e confronto nei posti di lavoro. Se non seguiremo questa procedura, quella alla quale siamo abituati nella pratica sindacale, rischiamo di fallire nel nostro intento. Inquanto, le prese di posizione, i documenti elaborati rischiano di rimanere parole vuote e formali se non si promuove tra i lavoratori e i cittadini tutti il dibattito.
Oltre a queste iniziative, nel corso dell'anno, si sono tenuti altri momenti di analisi su temi sociali che direttamente si ricollegano al tema trattato oggi e che hanno coinvolto il mondo della scuola e le giovani generazioni.
La pena di morte, la figura di Di Vittorio come sindacalista e costituente per tutta la parte relativa ai diritti, alla solidarietà, al valore del lavoro, Don Milani e i nuovi esclusisono sono stati alcuni dei temi trattati con gli studenti del liceo scientifico Spallanzani e del Liceo Socio-pedagogico M. Di Canossa . In tali occasioni è emersa da una parte una voglia di partecipare di conoscere , sensibilità a volte inaspettate, dall'altra una preoccupante indifferenza mancanza di punti di riferimento , di valori. In una delle scuole dove si è tenuta l'iniziativa contro la pena di morte con Rick Alperin di Amnesty USA , gli insegnanti che hanno successivamente approfondito il tema con gli studenti, hanno registrato una preoccupante maggioranza di ragazzi d'accordo con la pena di morte.
Questo credo debba farci riflettere più di ogni altra cosa. Ritengo che la riflessione avviata in questi mesi debba tener conto anche delle nuove generazioni, di chi saranno i cittadini del futuro e che pertanto si debba tentare un maggiore collegamento con le giovani generazioni e i loro ambienti di vita e formazione. A tale proposito ritengo indispensabile anche che la Camera del lavoro di Reggio Emilia si ponga l'obiettivo di pensare uno spazio situato nelle proprie strutture dove i giovani possano avere accesso per ad esempio consultare documenti normative, contratti protocolli, navigare su internet ed ogni quant'altro possa favorire la vicinanza e la conoscenza reciproca.
Ringrazio i colleghi del gruppo di lavoro e tutti quelli che hanno creduto e partecipato alle varie iniziative. Ringrazio inoltre la segreteria per aver voluto questi momenti di approfondimento, segreteria alla quale viene consegnato il materiale prodotto sicuro che possa servire come contributo alla discussione in corso.

lunedì 9 giugno 2008

Questioni di sicurezza

Lavoro di gruppo sulla relazione di Alessandra Ballerini
sintesi a cura di
Marianella Casali

La prima formulazione della legge 189/2002 ovvero della“Bossi Fini” titolava in “Legge a tutela della cultura italiana” e già tale configurazione esprimeva bene l'impianto legislativo e gli intenti ad essa sottesi. La Bossi -Fini non ha mai costituito un vero e proprio testo organico e rivisitato rispetto alla legge Turco-Napolitano del '98, ma di un testo emendativo in pejus della stessa.

L'attuale “Pacchetto sicurezza” di cui il decreto legge n°92 del 23/5/2008 e il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21/5/2008 sulla dichiarazione di stato d'emergenza, in relazione alle comunità nomadi in alcune regioni italiane, unitamente a schemi di decreti legislativi relativi a prossime modifiche e integrazioni pone in massima evidenza la questione del diritto d'emigrazione in strettissima relazione con la tutela dei diritti umani, ad esplicito completamento della Bossi Fini.

Le nuove norme adottate o proposte in materia di stranieri , immigrazioni e diritto d'asilo aggravano notevolmente le condizioni del sistema di diritto degli stranieri in Italia, rafforzando e irrigidendo prevenzione e repressione dell'immigrazione illegale, indebolendo notevolmente le effettive possibilità di ingresso regolare per motivi di lavoro e le misure d'integrazione sociale.
Le norme sono esplicitamente restrittive e spesso controproducenti , in particolare rispetto all'obiettivo di assicurare le legittime esigenze di diritto alla sicurezza personale , al di là della cittadinanza di riferimento.

In particolare, si tratta di alcuni punti di particolare rilevanza che aggravano la condizione dei cittadini extracomunitari:
1) introduzione del reato di clandestinità, che criminalizza la condizione stessa, ancor prima che venga comminata l'espulsione e che aggrava di 1/3 qualsiasi reato commesso, in quanto clandestini. La legge, in tal senso, punisce la condizione soggettiva, prima della condotta
2) inasprimento delle norme per chi chiede asilo politico e per chi fa domanda di ricongiungimento familiare ( test DNA), dando un enorme sfera di discrezionalita' all'autorità di pubblica sicurezza e/o amministrativa circa le modalità di accesso alle procedure in esame
3) allungamento dei tempi di trattenimento nel CTP che modificano, tra l'altro, la propria funzione in “ Centri di identificazione e di espulsione”, con un innalzamento fino a 18 mesi del periodo di trattenimento, che risulta misura limitativa della libertà personale prevista dalla legge e rendendo ancor più inedeguata l'attuale funzione, capienza complessiva del sistema CTP , nonché di un aumento degli oneri finanziari dello Stato.
4) limitazioni della possibilità di acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio: si allungano a 2 anni i termini di residenza legale in Italia ai fini dell'acquisizione della cittadinanza per lo ius matrimoni
5) introduzione di regole più restrittive per il trasferimento di denaro all'estero, che avrà come risposta l'affidamento delle rimesse degli stranieri a canali non ufficiali
6) chi affitta casa a un immigrato irregolare rischia confisca e multa ( ora la disposizione sembra mitigata e circoscritta)
7) la dichiarazione di stato d'emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi in tre regioni italiane ( Campania, Lazio, Lombardia), con richiamo espresso a situazioni d'eccezionalità, oltrepassando, tuttavia, esplicitamente il doveroso perseguimento di condotte illecite e perciò stesso il principio di responsabilità penale individuale con una criminalizzazione collettiva delle comunità nomadi Rom, sulla base di pregiudizi razziali

Se la sicurezza non può che essere un valore sociale esplicitamente funzionale alla convivenza civile e non tanto un discrimine di cittadinanza, ne' tantomeno un disvalore costruito sulla condizione personale di “straniero”, ciò rende ampiamente discutibile il “Pacchetto sicurezza” nella sua filosofia d'intervento e nella stessa struttura, oltrechè sotto il profilo della legittimità costituzionale internazionale e comunitaria , poiché rende assolutamente più difficile l'esercizio di diritti fondamentali quali la libertà personale, il diritto d'asilo, il diritto all'unità familiare e alla libertà di circolazione e di soggiorno dei cittadini comunitari ed extracomunitari in Italia.

Il tasso di sicurezza collettiva, come condizione vissuta, ma soprattutto percepita, non aumenta certamente con il proliferare di una normativa di tal genere, ampiamente illegittima, ma con una disciplina più efficace sui nuovi flussi d'ingresso per lavoro e favorendo misure effettive di integrazione sociale.

Il concetto di insicurezza, al di là di ogni considerazione sulla sua origine o creazione, è un concetto altamente indefinito, essendo ora percepito e qualificato in maniera estremamente diversificata a seconda dei contesti urbani, delle configurazioni delle periferie, così come dei territori regionali di riferimento.
Si andranno così a creare situazioni estremamente diversificate sull'intero territorio nazionale, con un aggravarsi di tendenze localistiche nonché di fenomeni di diffuso razzismo verso gli stranieri e di attribuzioni di poteri forti in capo all'Autorità locale comunale ( quali la sicurezza urbana e l'ordinata convivenza) .
Anche la possibilità paventata che il Prefetto possa sostituirsi al Sindaco, rispetto a ipotetiche minacce , relative all'incolumità pubblica e/o alla sicurezza urbana” costituisce un pericoloso ritorno al passato , nel quale l'Autorità statale presente in sede locale può avocare a sé poteri straordinari d'intervento , in funzione di “garante” della convivenza civile, con un chiaro monito a quei sindaci che non si avvarranno di ordinanze contingibili ed urgenti per affrontare e risolvere situazioni di trasformazioni sociali profonde, come quelle in atto.

Se l'attuale normativa sul diritto di cittadinanza non appare più in grado di rispondere alle sfide e alle domande di coesione sociale derivanti da una trasformazione ormai irreversibile che ha posto l'Italia da paese d'emigrazione a paese oggetto di flussi d'immigrazione, tuttavia l'attuale “Pacchetto sicurezza” prelude a situazioni reattive di estrema pericolosità dettate da chiusura identitaria e da radicalizzazione socio-politica.

La disposizione del reato d'ingresso illegale degli stranieri extracomunitari in Italia, ad esempio, esprime tutta la propria gravità, in quanto si pone in contrasto insanabile con i principi essenziali del proprio stato di diritto e dell'art.3 della Costituzione europea per i diritti umani , criminalizzando i migranti e sanzionando sempre più le condizioni soggettive e non tanto le rispettive condotte.

La vera e unica prevenzione dell'immigrazione clandestina potrebbe attuarsi tramite l'aumento degli ingressi regolari per lavoro, ovvero su una nuova disciplina degli ingressi per lavoro che consenta l'incontro diretto della domanda e dell'offerta di lavoro sul territorio nazionale. Soltanto dopo aver riformato la disciplina dei nuovi ingressi, eventuali casi di ingresso irregolare dovrebbero essere trattati con controlli giudiziari mirati, per evitare il sovraffollamento delle strutture penitenziarie di extracomunitari in attesa di giudizio.
Inoltre, qualificare l'ingresso illegale come reato spingerebbe i migranti clandestini a ad affidarsi alle organizzazioni criminali sia per l'ingresso che per la permanenza, rendendoli ancor più vulnerabili di fronte a fenomeni di abuso e di sfruttamento.

Se il disegno di legge Amato-Ferrero mirava all'estensione della formula del contratto di ricerca-lavoro ( prevedendo anche un allargamento della possibilità di ricongiungimento familiare) tramite la garanzia di sponsor o tramite autosponsorizzazione, l'attuale politica di sanzione dell'ingresso illegale si fonda sul principio di criminalizzazione, di carcerazione e di espulsione dell'immigrato clandestino, con misure che della repressione fanno un approccio di sistema e non di extrema ratio. In tal senso occorre interrogarsi se l'inasprimento delle pene sia uno strumento per assicurare la sicurezza collettiva all'interno del territorio nazionale o sia in visibile contrasto con la normativa comunitaria, nella quale ordine pubblico e sicurezza devono configurarsi come eccezioni rispetto al principio li libertà di circolazione e di reale integrazione sociale dei migranti. nonché di fenomeni di diffuso razzismo verso gli stranieri.