lunedì 17 settembre 2007

Sulla sicurezza e l'immigrazione

I fatti delittuosi di gravità inaudita che riempiono la cronaca (da ultimo il barbaro assassinio di Tor di Quinto a Roma esasperano ed inquietano l’opinione pubblica, ma, danno luogo a risposte dei politici e degli amministratori non sufficientemente ponderate.
Alla paura della gente si risponde con l’ansia di recuperare consensi cercando di assecondare le paure e ricercare una sintonia con il popolo attraverso proposte e risposte facili, muscolari, che oltre ad essere sbagliate sono assolutamente impraticabili ed inefficaci.
Oltre tutto dopo averle tempestivamente e mediaticamente comunicate, quando si passa ad una concreta analisi di fattibilità ci si accorge che non possono essere assolutamente risolutive e l’enfasi con la quale sono state annunciate diventa un bumerang e mina ulteriormente e fatalmente la credibilità della politica e delle istituzioni nazionali e locali.
Come si può pensare di risolvere il problema della sicurezza con un provvedimento che consente le espulsioni di chi? Di tutti i Romeni? E’ evidentemente una sciocchezza, di quelli che delinquono?
Ma quelli che delinquono vanno assicurati alla giustizia altro che espulsioni e allora di chi? C’è una grande confusione. Preoccupanti e gravi sono gli atti squadristici rivolti contro cittadini immigrati che si sono verificati in questi giorni in un clima di ostilità nei confronti del popolo Romeno. Noi condanniamo con fermezza questo clima e tutti i politici che soffiando sulle reazioni emotive della gente alimentano il pericolosissimo fuoco del razzismo e della giustizia fai da te. Auspichiamo che il Governo ed il Parlamento varino un Decreto secondo le norme di diritto europeo ed internazionale in modo da depurarlo dai rischi di connotazione razzista e persecutoria, ma se non ci sarà la concretizzazione di piani d’intervento complessivo, sul controllo sociale del territorio sulla qualificazione dei servizi alle persone si esaspera il tema della sicurezza senza affrontarlo e risolverlo.
Occorre con intelligenza saper distinguere l’insicurezza percepita dalla gente ed i dati reali e saper interrompere immediatamente e con decisione il tentativo di far passare l’equazione immigrazione = criminalità che si oppone in modo antistorico nei confronti della straordinaria opportunità di crescita economica, sociale e culturale che costituisce l’immigrazione per l’intero Paese, quindi il centro della sicurezza e legalità deve essere posta la persona ed i suoi diritti fondamentali e costituzionali.
Occorre intervenire sulla rapidità del procedimento penale, sui tempi di prescrizione e concertazione preventiva, dotare il sistema giustizia di uomini e mezzi con l’obiettivo di un meccanismo sanzionatorio certo e proporzionato alla gravità dei reati.
La sicurezza è un problema molto serio delle persone e delle comunità e la percezione d’insicurezza cresce nonostante non ci sia in realtà, lo dicono I dati, un excaletion dei reati. E questo avviene perché c’è una maggiore insicurezza di lavoro, di reddito e c’è stato in questi anni, un ritrarsi della presenza dello Stato e del pubblico, il cittadino si sente più solo e quindi più insicuro.
Una politica dello Stato e delle amministrazioni locali, per la sicurezza dei cittadini deve puntare a riconquistare lo spazio pubblico e la presenza sul territorio attraverso servizi qualificati e capillari, mediazione sociale, offerta culturale, informazione ed assistenza.
Per alzare lo standard di sicurezza di tutti i cittadini occorre rispondere, in primo luogo alla domanda di sicurezza sociale e di legalità che viene proprio dai soggetti più deboli a partire proprio dagli immigrati.
Il pacchetto sicurezza proposto dal Ministro dell’Interno ed anche i patti per la sicurezza promossi dai sindaci e dai prefetti si concentrano sugli interventi repressivi delle forze dell’ordine e nella migliore delle ipotesi rappresentano una risposta insufficiente e inefficace, nella peggiore delle ipotesi rappresentano una risposta sbagliata per la sicurezza e dannosa per la democrazia..
Noi dobbiamo rivendicare patti per la sicurezza che coinvolgano le parti sociali, il mondo dell’associazionismo e le comunità che progettino percorsi d’inclusione, di integrazione di rimozione di discriminazioni, di qualificazione delle aree degradate delle nostre città.
La condizione dei lavoratori migranti è purtroppo ancora contrassegnata da irregolarità, precarietà, insicurezza, ricattabilità, sfruttamento, sottosalario e quindi la riforma delle norme legislative, il superamento della Bossi-Fini è una priorità assoluta, che avrà un grande impatto positivo sulla legalità e la sicurezza.
Il fenomeno del lavoro nero, di grave sfruttamento e rigurgiti di schiavismo della mano d’opera immigrata, come sempre in questi casi, sono il prodotto di comportamenti spregiudicati e criminali di datori di lavoro e intermediatori di mano d’opera, da una parte, condizioni di estrema ricattabilità ed assenza di alcuna protezione sociale da parte dei lavoratori immigrati, dall’altra.
Una politica ed una normativa che voglia con successo, aggredire e combattere questo fenomeno non può non agire sui due fronti.
La situazione in Italia è particolarmente grave perché i dati ci parlano di una porzione del 20-25% del PIL prodotta dall’economia sommersa alla quale fa riscontro proporzionalmente una fetta di lavoro nero e sommerso. E’ come se si dicesse che per i lavavetri ci vuole tolleranza zero ed invece per il lavoro nero e l’Economia sommersa la tolleranza è 25%; questa situazione è inaccettabile e per noi sindacato la lotta al lavoro nero deve essere una battaglia campale.
Dotarsi quindi, di strumenti normativi per l’emersione del lavoro nero e percorsi di regolarizzazione degli immigrati è una priorità assoluta che non riguarda soltanto i lavoratori immigrati ma, un obiettivo di legalità per tutta la nostra società.

Contratti Locali di Sicurezza

di Roberto Battaglia

Se da un lato si riconosce che la sicurezza dei cittadini e la esigenza di vivere in città sicure, rappresentano un diritto e un bene primario per ogni persona, dall’altro, non è affatto scontato quale dovrà essere il modello di sicurezza da adottare e da perseguire.

Per noi, che poniamo al centro della nostra iniziativa, i diritti, il rispetto delle regole, il valore del lavoro, siamo fermamente convinti che lo stesso sviluppo economico del paese, di una area, di un distretto, di un territorio, dipenderà sempre più anche dal livello di sicurezza e di legalità che lo stato e l’insieme delle istituzioni riusciranno a garantire.

Attenzione però. Per avere più sicurezza non significa affatto militarizzare il territorio.

Al contrario occorrono politiche di controllo del territorio, la sua conoscenza attraverso anche e non solo, la istituzione del vigile di quartiere, dell’agente di prossimità, prevedendo presidi decentrati vicino ai bisogni di sicurezza della popolazione.

La sicurezza dei cittadini è infatti una componente essenziale della vivibilità delle città e più in generale della crescita sociale e civile delle comunità locali

Attuare dunque, azioni di prevenzione, di controllo, di contrasto dei reati.

Siamo per affermare una idea positiva e solidale della città, per città più vivibili, accoglienti, elevando la qualità delle condizioni di vita dei propri cittadini

Queste rappresentano per la cgil le condizioni per una città sicura.

C’è poi la necessità di pensare, di individuare nuovi modelli, nuovi strumenti e nuove politiche di prevenzione e di contrasto alla delinquenza e al disordine urbano e alla criminalità diffusa ma nello stesso tempo di non sottovalutare quei fenomeni criminosi , meno evidenti ma non per questo meno pericolosi, quali la illegalità economica, i traffici illeciti legati agli appalti, il riciclaggio di denaro, lo sfruttamento della prostituzione e dell’immigrazione clandestina, fenomeni che per la loro caratteristica e dimensione sono controllati dalla criminalità organizzata.

Nuovi strumenti e nuovi modelli per realizzare una maggiore azione di contrasto alla criminalità e delittuosità avendo presente la importante e positiva esperienza dei Protocolli d’intesa concordati e firmati tra sindaci e prefetti delle principali città capoluogo e dei Protocolli siglati tra il Ministero dell’interno e le Regioni

Con i protocolli, a partire dalla metà degli anni novanta, vi avvia per la prima volta nel nostro paese un tentativo, solo in parte riuscito, ma condivisibile, finalizzato alla realizzazione di iniziative coordinate per un governo complessivo di gestione e di attuazione delle politiche della sicurezza urbana nonché di collaborazione e di cooperazione tra lo stato e gli Enti Locali.

I protocolli hanno rappresentato un primo passo per la ricerca di adeguate politiche di sicurezza attraverso il riconoscimento reciproco delle funzioni e dei ruoli dei principali soggetti istituzionali: il governo centrale, rappresentato dal prefetto; il governo locale e territoriale, rappresentato dal sindaco e dal presidente della provincia, fermo restando le competenze esclusive dello Stato in materia di sicurezza e ordine pubblico e quelle delle Regioni in materia di polizia amministrativa locale.

Si sono altresì individuate, insieme ai protocolli, quali sedi tencnico-istituzionali, i Comitati Provinciali per l’ordine e la Sicurezza Pubblica, quali organi ausiliari di consulenza del prefetto, presieduti dallo stesso, che prevedono al proprio interno, oltre ai rappresentanti delle varie forze dell’ordine ad ordinamento civile e militare, la presenza del sindaco del comune capoluogo e solo di recente, anche la presenza del presidente della provincia a seguito della modifica apportata all’art.20 della 121 del 1981.

A questo punto si tratta di valutare, se non sia il caso di ridefinire meglio i compiti dei vari soggetti o attori istituzionali chiamati, a vario titolo sul territorio, a garantire la sicurezza delle città e delle persone, assegnando ai Comitati per l’Ordine Pubblico, la loro funzione iniziale di organi di raccordo interno all’amministrazione dello stato, prevedendo invece, per quanto riguarda la sicurezza urbana, momenti di coordinamento e di concertazione territoriale delle iniziative con la istituzione di apposite conferenze locali, provinciali e regionali, presiedute rispettivamente dai sindaci, presidenti di provincia e presidenti di regione, in quanto responsabili della sicurezza dei propri cittadini.

Partendo dal lavoro svolto con i protocolli, circa cento a livello nazionale, e dall’azione dei Comitati Provinciali per l’Ordine Pubblico in capo ai prefetti, si tratta ora di pensare e di realizzare una seconda fase di strumentazione più avanzata.

Chiediamo per questo, agli Enti Locali, di promuovere strumenti innovativi quali possono essere i Contratti Locali per il miglioramento della sicurezza dei cittadini, sulla base dell’esperienza già in atto, in questo senso in altri paesi europei.

Contratti che a differenza dei protocolli, che sono stati esclusivamente il risultato di una iniziativa bilaterale tra prefetto e sindaco, con la esclusione di parti importanti della comunità e della società civile, vedano invece, la presenza, per la loro definizione, di più attori, dalle istituzioni principali, fino alle associazioni del volontariato che operano nel territorio.

Contratti che abbiano per i suoi contenuti, valore cogente e vincolante per tutte le parti coinvolte e firmatarie.

Contratti locali come naturale evoluzione dell’esperienza intrapresa con i protocolli al fine di realizzare l’obiettivo di tenere in rete tutti i soggetti che a diverso titolo possono contribuire a definire azioni di “nuova prevenzione””.

Praticando il metodo della concertazione tra le parti, il contratto locale dovrà individuare i problemi da risolvere, le azioni da avviare, l’impegno di ogni partner,, prevedere adeguate risorse, mobilitare le forze locali, integrare ruoli, compiti e interventi di collaborazione istituzionale di Stato, Province, Comuni, Consigli di quartiere, associazioni economiche, sociali, sindacali e del volontariato.

Può essere istituito in ambito provinciale, oppure a livello del singolo comune, tra un insieme di più comuni minori, tra i quartieri della città. I Contratti Locali sono pertanto strumenti molto articolati sul territorio e adattabili rispetto alle varie situazioni.

Il contratto locale va annoverato dunque tra i principali strumenti per la politica della sicurezza urbana.

Infatti possono riguardare aree di particolare interesse: una rete di trasporto pubblico, sportelli bancari e postali, oppure altre situazioni o ambiti a rischio.

Importante, per l’efficacia delle azioni previste dai contratti locali, dovrà essere la conoscenza dettagliata del territorio e il rapporto con esso. La conoscenza dei bisogni, delle aspettative della comunità locale in materia di sicurezza.

Le azioni oggetto del contratto locale, individuate e condivise da parte di tutti i soggetti coinvolti, dovranno essere mirate alla diffusione della cultura della legalità, all’aiuto delle vittime dei reati, alla prevenzione delle tossicodipendenze, al collegamento dei problemi della sicurezza con le politiche urbanistiche e sociali, alla presenza delle forze dell’ordine, alle iniziative verso la popolazione a rischio di criminalità.

Attualmente nel nostro paese non esiste alcun riferimento o sostegno legislativo, che è invece indispensabile per imprimere una forte spinta alla promozione dei contratti locali, a differenza, per esempio, di quanto gia invece avviene da tempo, in altri paesi europei, dove lo Stato con propri atti amministrativi, prevede, sostiene e incentiva le politiche locali rivolte alla sicurezza.

In questo senso le proposte della Conferenza dei Presidenti delle Regioni, con il documento di indirizzo per la predisposizione di una proposta di legge nazionale in materia di politiche integrate di sicurezza, di prevedere da parte dei comuni, la stipula di appositi accordi locali, tenta di colmare una ingiustificata lacuna legislativa e sono, su questo aspetto, in sintonia con quanto da tempo sosteniamo per l’attuazione di nuovi strumenti e di nuove politiche per la sicurezza urbana.

La proposta che lanciamo da questo nostro convegno, a tutti gli amministratori pubblici e istituzionali, è di non attendere una legge ancora in divenire, bensì di promuovere, da subito nei territori, politiche concertate e integrate realizzando almeno nei comuni capoluoghi, accordi o contratti locali con il coinvolgimento pieno di tutte le parti interessate.

E’ anche questo un modo forte per rispondere al progetto involutivo del governo in materia di sicurezza e polizia locale, che rappresenta nei fatti, una vera e propria controriforma, senza risolvere i problemi reali del bisogno diffuso di sicurezza tra i cittadini.